domenica 27 gennaio 2008

Intrappolata

Prologo e quattro

Ci appartammo in una strada di campagna.
Erano mesi che non lo facevo.
Non lo avevo mai fatto con lei.
Faceva freddo fuori.
Dentro bruciava un sole.
Ci vollero pochi minuti per appannare i vetri, una naturale tenda per il peccato che si sarebbe consumato a poco.
Già gli spiriti erano bollenti.
Le avevo fatto mettere le lunghe bianche gambe sul cruscotto, mentre era seduta con lo schienale abbassato. Questo appena eravamo usciti dal bar.
Le avevo chiesto di chiudere gli occhi perchè non si inibisse troppo. L'avevo masturbata, al buio della notte sotto i lampioni del corso. Erano passate delle persone, avevano sbirciato, ma il mio sguardo di ghiaccio le aveva fatte vergognare. Lei non si era accorta di nulla.
Messa in moto la macchina, l'avevo portata a prendere la sua. Lungo il tragitto aveva continuato lei. Senza pudore, senza fermarsi.
Sentivo tramite il suo respiro che il suo battito era in costante aumento.
Ma non era quello il momento del vero peccato.
Sarebbe appunto venuto con i vetri appannati, in mezzo alla campagna, con quell'odore di sesso e peccato che non esce dalla macchina, che si fissa sui sedili.
E quando venne il peccato lasciò il posto alla trasgressione.
Farlo in una macchina è una sfida.
Con lei già lo avevamo fatto .
E nel marasma ormonale completamente preso dalla libidine, volevo fare qualcosa di speciale.
Finchè.... Trovai la soluzione ad incastro.
Le feci mettere una gamba per sedile, le spinsi il corpo attraverso i sedili anteriori e le feci appoggiare i gomiti su quelli posteriori.
La penetrai da dietro come un animale. Lei si ritrovò come se fosse in angolo, senza possibilità di muoversi. Davvero. Come fosse legata ed iopotessi abusare liberamente.
Liberai la mente e lo feci.
Fu quello il momento alto della serata.
Il momento in cui la libidine ed il peccato equivalsero alla perversione pura.
Quella che ti entra senza bussare, e che ti fa maturare dentro. Che non ti molla più.
La droga vera. Quella degli umori, degli odori, dei vagiti e del possesso ancestale della femmina.
Come e dove vuoi tu. Senza dare la possibilità di appello.
Quel che è deciso è fatto. E decido io.
Libidine...

mercoledì 23 gennaio 2008

Lilla


Mi Avvicino all'orecchio, tra la bolgia dei saldi.

"Amore, lo sai che il lilla mi f impazzire. Quelle autoreggenti a rete sono in saldo"

Lei, senza neanche girarsi.
"Ne ho una rossa e una nera, e non le uso mai. Ricordi ?".

Certo che ricordo. Troppo bene.

Il mio non è un lamentarsi come dici tu. Il mio è desiderare.

Peccato che sia solo mio.

Rimango nei miei pensieri, mi convinco che devo cercare altrove.

Intanto però esco dal negozio, frustrato.

L'epilogo è a dir poco deprimente: crede che io mi sia arrabbiato perchè non mi ricordavo.

Non capisce che la rabbia è che sta uccidendo le mie fantasie. E sempre più devo soddisfarle. Altrove.

Il cacciatore alza a testa. E cerca prede. Vogliose di libidine. E di calze color lilla. Da abbinare ad un eyeliner pesante. Con un tanga senza etichetta. E movimenti pelvici spontanei.

Per ore e ore e ore di divertimento lussuregginte. Da prenotarsi l'inferno, ma chi se ne frega - l'importante è andarci assieme.

giovedì 17 gennaio 2008

Dicotomia

Non pretendo speciali orgasmi, ma semplici emozioni.
Sempre più mi convinco che per essere sereno devo trovare qualcun altro su cui affogare le passioni della carne.
A casa non funziona.
Ma se funiona fuori, si ridimensiona anche il quotidiano e raggiungo un equilibrio.
Mi chiedo se sia queto quello che voglio.

venerdì 11 gennaio 2008

Basta una telefonata

Prologo e tre.

Basta una telefonata per trasformare un seme di pentimento, un momento di sconforto, un piccolo punto interrogativo in una certezza assoluta.
Una di quelle telefonate piatte che ti cambiano la serata.
Quella che da serata d'agnello si trasforma in serata da leoni.
Quella quando la prendi e te la scopi tra il dire ed i fare, senza coinvolgimenti, senza pretese, con sano gusto di lussuria.
A quattro zampe sul divano. Seduta sullo sgabello dopo aver spostato la tavola apparecchiata con l'avambraccio ed aver messo le sue gambe, disegnate con gli stivaletti di pelle, comodamente sul tavolo. Dopo averla appoggiata sul divano ed avergliela leccata per minuti che sembravano ore con precisa ossessione, dall'alto verso il basso, ritornando con un filo di bava che non lascia mai la carne, nuovamente al punto di partenza.
Bello spupazzarsela sul divano blu, rigorosamente sporcato di bianco alla fine dei festeggiamenti, davanti, dietro e di fianco.



Peccato per il mal di testa. Peccato per il poco tempo.
Ma questa amante remissiva ed eccitante è un dono che vale la pena assaporare.
E perchè no, più decanta, più migliora. Specialmente dopo una semplice telefonata.