domenica 26 agosto 2007

La palude della concupiscenza

La ricerca dei piaceri olimpici si infrange sulla realtà dell’immaginario erotico incompiuto.
Non quello noioso, quello pulito.
Il sesso è una cosa sporca.
Io non sono carne morta

martedì 14 agosto 2007

Il tempo uccide

Uno.
Due.
Tre.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Sette.
Otto.
Nove.
Dieci.
Undici.
Dodici.
Tredici.
Quattordici.
Quindici.
Sedici.
Diciassette.
Diciotto.
Diciannove.
Venti.
Ventuno.

Ovvero, mi nutro di sesso ma sono costretto a digiunare.
Ventuno.
Lunghi da scrivere.
Noiosi da leggere.
Interminabili da vivere.
Ventuno giorni senza nutrirsi.

Sono frenetico e disorganizzato, ma riesco a mantenere le cose in movimento.
Come l'artista fa sempre girarei piatti cinesi, io faccio girare le cose attorno a me senza farle cadere nel dimenticatoio.
Grinta e determinazione.
Nonostante sia iperattivo, sopravvivo e non mi annoio.
Ma c’è un problema.
La pace. La quiete.
Non riesco a trovarla.
Eccetto che in un modo: il plateau del sesso ricco, il culmine del piacere edonistico.
L’esperienza regolatrice ultima, che mi permette di fare andare il resto senza intoppi.
Esperienza della quale ho bisogno di nutrirmi, avidamente.
Ventuno giorni di astinenza sono difficili.
Alterano il mio stato d’animo, frantumano il mio equilibrio, sbriciolano la buona volontà.
E ti lasciano il vuoto, pieno di rabbia.
Rabbia che ti spinge ad essere cacciatore. Come gli animali. Come puoi. Non ti fermi neanche quando giungi al Ventiduesimo giorno, quando il contatore si azzera.
Il tempo uccide.
Maledetto placebo del Ventiduesimo giorno.

giovedì 2 agosto 2007

Sono su una montagna russa. E non si ferma.

Alla fine il caffè me lo son fatto.
Da solo.
Ho spento le luci di fuori, a chi servivano più.
Ho tolto il cd di Lorenzo, che le piace tanto.
Ho tolto le mutande grigie, quelle che la eccitano.
La barba me la son fatta per nulla.
Il gel mi accompagnerà a letto.
Sul messenger posso ritornare visibile, nessuno mi interromperebbe.
Ho tolto i cuscini dal dondolo, che stanotte il prato si innaffia.
Ho spento il cellulare, oramai non chiama più.

Impazzire e crogiolarsi.

Eppure mi aveva detto che sarebbe passata.
Sarà successo un imprevisto, o semplicemente una normalità.
Queste storie clandestine sono a volte tanto trasgressive, quanto deludenti.
Mi piace rompere gli schemi però.
Se non puoi venire e neanche avvisarmi, così sia.
Senza paranoie.
Così come sarebbe successo, se fossi venuta qui.
A interrompere il dolce fluire della noia solitaria.
Con quel pizzico di instabilità che porti sempre con te.
Che però mi piace tanto, che mi fa sempre emozionare.
Anche se non ti ho visto.
Anche se non sarebbe successo nulla se fossi stata qui.
Ma proprio questo è il bello: vivere qui ma essere su di un altro pianeta.
E restare positivo.

Mi farò un bicchiere di latte.
Mi perderò nel suo colore pallido, che mi fa pensare a te.